INCONTRI A TEMA V EDIZIONE Martedì 25 ottobre 2011 ore 16.30
Dr. Antonio Buccilli – Dirigente I livello Oncologia ASL-FR
ABSTRACT DELLA CONFERENZA
Il tumore della mammella colpisce 152 donne su 100.000, con circa 37.000 nuovi casi all’anno in Italia. Negli ultimi anni si è verificato un aumento della incidenza (nuovi casi) del 24,9%, con una riduzione della mortalità del 20%.
Un maggior numero di nuovi casi è legato ai programmi di prevenzione, soprattutto secondaria (screening) con maggior numero di neoplasie individuate in fase precoce; nel 20% dei casi, ancora non in grado di metastatizzare.
La significativa riduzione della mortalità , è dovuta per il 45% alla diagnosi precoce e per il 55% ai migliori risultati ottenibili con le terapie adiuvanti (chemio e ormonoterapia) somministrate con intento precauzionale.
Il rischio di carcinoma mammario è proporzionale alla occidentalizzazione con differenza di incidenza fino a 810 volte maggiori negli USA rispetto alle popolazioni africane. L’incidenza aumenta con l’età; rapido aumento si è registrato nelle donne in premenopausa negli ultimi anni. Fattori i rischio ben noti sono rappresentati dalle scorrette abitudini alimentari (dieta ipercalorica ed iperlipidica), obesità, dal menarca precoce e dalla menopausa tardiva, dalla nulliparità, dalle radiazioni ionizzanti (talvolta da eccessi diagnostici in età giovanile), da terapia ormonale sostitutiva prolungata con progestinici (riservata alle donne non isterectomizzate).
Occorre evitare allarmismi quando esistono casi di neoplasia mammaria nell’ambito della stessa famiglia in quanto circa il 10-15% delle donne che sviluppano una neoplasia mammaria ha una parente di primo grado, già colpita dalla malattia. Tuttavia la presenza di un parente di 1° grado o anche di 2° grado, comporta un lieve incremento del rischio, pari a quello che si osserva passando dai 35 ai 55 anni di età.
Le neoplasie mammarie geneticamente trasmesse, mediante i geni BRCA1 e BRCA2, rappresentano circa il 10% del totale; le pazienti portatrici aderiscono a programmi di prevenzione dedicati, con controlli “intensificati “.
Esistono dei particolari criteri per consigliare alle pazienti e ai loro familiari l’esecuzione dei test genetici. Le neoplasie della mammella originano dall’unità terminale dutto-lobulare; gli istotipi più frequenti sono il duttale e il lobulare. Si dividono nelle forme infiltranti ed “in situ”; queste ultime non sono in grado di dare diffusione a distanza e quindi metastasi, ma sono spesso multifocali (nello stesso quadrante foci tra loro distanti), multicentriche (in quadranti diversi della stessa mammella con necessità di interventi demolitivi) e bilaterali (soprattutto gli istotipi lobulari). Importante individuare in quest’ambito le forme comedo, (recidivano nel 40% dei casi vs. 10 % delle forme non comedo, dopo tumorectomia).
Fondamentale per la corretta impostazione terapeutica sono il grading (grado di aggressività) e la stadiazione, secondo il sistema TNM che tiene conto dell’estensione del tumore (T tumor) del numero i linfonodi loco-regionali interessati dalla malattia (N node) e delle metastasi a distanza (M metastasis). Tuttavia i progressi ottenuti nella individuazione dei fattori prognostici e predittivi (della risposta al trattamento) ha permesso un’ulteriore divisione in sottogruppi così da consentire una terapia quanto più possibile mirata; come se si riuscisse a confezionare, per ciascun caso un abito su misura.
Molta attenzione merita il riscontro delle alterazioni istologiche definite lesioni preneoplastiche, rappresentate esclusivamente dalle iperplasie epiteliali (duttali e lobulari) floride e atipiche.
Nell’ambito dei programmi di prevenzione l’autopalpazione conserva la sua importanza, ma da sola non è sufficiente ad escludere la presenza di piccole neoplasie, non rilevabili all’esame clinico. Durante l’esame clinico lo specialista rassicura la paziente o la indirizza verso il più adeguato iter diagnostico.
La mammografia rappresenta l’esame standard, soprattutto in postmenopausa. Individua lesioni neoplastiche anche di pochi mm., che possono manifestarsi come opacità nodulari, distorsioni parenchimali o essere associate a microcalcificazioni. Le apparecchiature di ultima generazione consentono di individuare anche nelle mammelle “dense” per la quota di tessuto ghiandolare spesso cospicua, le microcalcificazioni che orientano per la diagnosi di neoplasia se piccole, numerose e riunite in gruppetti.
L’ecografia mammaria rappresenta una metodica, non alternativa alla mammografia, ma di irrinunciabile utilità, per il fondamentale ruolo diagnostico che svolge, nelle giovani donne, in presenza di cospicuo tessuto ghiandolare, per la possibilità di distinguere le lesioni benigne dalle maligne, a completamento dell’esame mammografico e per le procedure interventistiche spesso necessarie al termine dell’iter diagnostico.
La risonanza magnetica mammaria è indicata solo in particolari situazioni cliniche:
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donne giovani con malattia geneticamente correlata;
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dopo chirurgia e radioterapia per escludere le recidive locali;
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nelle neoplasie “in situ” per individuare focolai in quadranti diversi o nella mammella controlaterale;
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dopo chemioterapia neoadiuvante, prima della chirurgia, per valutare la risposta al trattamento).
Ne deriva la necessità di aderire a programmi di prevenzione, diversi per fasce d’età, in grado di individuare lesioni anche dell’ordine di pochi millimetri, con conseguenti vantaggi clinici (maggior sopravvivenza, minori interventi demolitivi, terapie meno “aggressive”: ridotta spesa per il SSN).
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1 Gennaio 1970
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